Domenica 2 Giugno, festa della repubblica.
Domenica, giorno di escursione. Partiamo in direzione Carona e parcheggiamo nei pressi del bar La Pineta da dove parte il sentiero; una volta imboccato impossibile perderlo o confondersi con bivi o quant’altro.
Inoltre, ci sono infinite e ben dettagliate guide che descrivono ogni singolo dettaglio di ogni sentiero. Il mio intendo è rivolto verso altri orizzonti.
Ho deciso di condividere le mie avventure per il pensiero che le fa nascere e che le accompagna. La montagna per me non è una gara, non è una questione di limiti, non è una questione di numeri, di vette, di metri di dislivello o di metri sul livello del mare; andare in montagna è un piacere, qualcosa che temo non riuscirò mai a passare tramite le mie immagini; e questo mi rattrista; per me andare in montagna è andare, non arrivare, l’obiettivo non è la meta ma il cammino, quello stato mentale in cui non pensi a ciò che hai in città, né a ciò che avrai o vedrai una volta arrivato a destinazione, né a… a nient’altro.. a niente. È uno stadio difficile da raggiungere, specialmente quando sono in compagnia. Adoro la compagnia in montagna ma è come un filtro applicato alla mia mente che mi tiene in qualche modo ancorato alla civiltà, alle regole di comportamento, insomma che mi distoglie da quella connessione uomo-natura di cui parlo. Non ho inventato nulla di nuovo e anzi, mi sento estremamente banale mentre scrivo queste parole, semi citando Graham e altri grandi. Eppure ciò che scrivo è verità, la mia verità. E succede che fosse condivisa da “wanderer” di cui ora leggiamo diari e libri. Quando ti immergi nella natura devi essere pronto a lasciare indietro il resto; non per forza con disprezzo o in senso negativo ma devi essere in grado di liberare la mente. Non entri in un bosco e panff problemi spariti. Il bosco certo aiuta ma è un processo complesso e la tua partecipazione è fondamentale. Quanto più sento il bisogno di andare in montagna, più facilmente mi connetto con la natura e quanto meno ho voglia di pensare ad altro, quale fotografare ad esempio. E allora non mi pongo il problema, lascio la macchina nello zaino o nella tracolla e mi lascio andare al flusso che mi prende, mi culla e mi spinge su per i pendii scoscesi senza quasi farmi sentire fatica. E va bene così. Il motivo originario dell’”uscire” è questo, la fotografia è in secondo piano. Prima la mia esperienza, poi la condivisione della stessa. E questo non è per una qualche forma di egoismo ma piuttosto un’etica di verità. Non condivido un’esperienza che io stesso ho vissuto a metà; prima ne godo io e poi provo a trasmettere qualcosa.
Pranzo al sacco ai laghi gemelli e da lì ripartiamo per il lago Colombo dove ci aspetta lo spettacolo del disgelo.